I primordi
La televisione commerciale, come si è detto per molti anni delle televisioni private per segnalare la differenza di status con la Rai, si è affermata come realtà imprenditoriale con Berlusconi, tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80; dapprima come attività di servizio offerta ai nuovi quartieri milanesi realizzati dall’impresa immobiliare, poi come attività di impresa tout court divenuta, in breve, cuore e cassa del gruppo.
L’offerta di un’alternativa alla Rai, in quegli anni ancora bacchettona e sussiegosa (si sosteneva, a torto o ragione, che la Rai fosse la prima impresa culturale del paese), è merito indiscusso di Berlusconi, che non ha inventato la televisione commerciale (c’era già stata, anni prima, Telebiella), ma l’ha organizzata e ha investito – non poco – nell’impresa, superando difficoltà legali (l’interconnessione), anche con l’aiuto della politica (peraltro, non diversamente dalla Rai) e fidelizzando lo spettatore, oltre l’inerzia del telecomando e la disputa sui numeri primi.
Ma, soprattutto, Berlusconi ha investito nelle persone, che, con lui, hanno creato l’impero, praticamente dal nulla, anzi difendendosi dalle insidie del mondo vecchio, la Rai, e nuovo, tutti gli altri, numerosi imprenditori che, in tutta Italia, si sono affacciati e, su basi locali, affermati nel settore.
Il professionista e la persona
Di queste persone che con Berlusconi hanno fatto l’impresa, alcune sono personalità – non più di settore – e volti noti al pubblico, tra cui Confalonieri, Galliani, Gianni Letta, altre sono conosciute nell’ambito del settore e poco più, malgrado i meriti di assoluto rilievo nella costruzione dell’impero mediatico.
Tra queste persone, meritevoli per capacità professionali e dedizione alla materia e all’impresa, sicuramente c’è Aldo Bonomo, avvocato del gruppo fin dalla prima ora, impegnato in prima persona nella tutela della rete, che per tutti gli anni 80, fino alla legge Mammì del 1990, e anche oltre, è stata la conditio sine qua non della trasmissione: senza piloni o con i piloni manomessi o contesi, non si trasmette. Si va ben oltre il rischio di impresa.
Bonomo, impegnato fin dai primordi del gruppo nella sfida della diffusione e dell’interconnessione, era consapevole – e con lui Berlusconi – che il malfunzionamento della rete o le zone d’ombra lasciavano spazio alla concorrenza, con perdita di ascolti e di incassi, a rischio di irrecuperabilità.
Far West televisivo
Siccome era l’epoca del Far West televisivo, quando tutti potevano tutto senza grandi conseguenze, Bonomo, spendendosi personalmente, inseguiva le contese sui piloni compravenduti, affittati o semplicemente occupati, in tutta Italia, spesso avendo ragione dei suoi avversari, meno pratici o meno motivati, e comunque sguarniti del suo poderoso archivio di precedenti locali e nazionali, realizzato nel corso degli anni.
Per quanto abbia potuto vedere chi scrive, suo avversario in molte cause, Bonomo non amava la ribalta; era dedito al lavoro, alla famiglia e alla musica; sosteneva che grande merito di Rete Quattro fosse il concerto della domenica.
Forse cedendo alle insistenze di Berlusconi, Bonomo fece un unico tentativo di ingresso in politica, candidandosi alle elezioni europee in una tornata degli anni 90, senza successo, inaspettatamente. Per dire della persona. Altri al posto suo, con i suoi meriti noti e indiscussi, avrebbero battuto i pugni sul tavolo. Lui no.
Nel pantheon dei ritratti, limitato alle personalità conosciute e stimate da chi scrive, Bonomo merita un posto e un ricordo. Anche altri, ogni tanto, dovrebbero ricordarlo.