Dal latifondo al latifondo passando per la finanza

La finanza che cambia

Per i classici dell’economia e per le norme di legge che disciplinano la materia (chi ne dubita, consulti il Testo Unico Bancario), la finanza assolve funzioni di servizio per le attività di impresa. Serve alla produzione, non la può conquistare, né tanto meno dominare. Il capitale di terzi consente all’imprenditore capace, che non disponga di mezzi idonei, di realizzare il progetto di impresa, rivolgendosi alle banche o alla Borsa o ad altri soci nell’ambito di operazioni complesse. Questo almeno in teoria, perché la pratica è molto diversa. E non da oggi. Agli imprenditori che ricorrono alla finanza per lo scopo istituzionale, si sono aggiunti altri soggetti, spesso favoriti dal sistema, che distraggono la finanza dalla produzione e la usano impropriamente. La novità degli ultimi tempi riguarda, infatti, lo snaturamento, ancora dissimulato, poco visibile, della finanza, che dall’impresa ha virato per il latifondo. Chiudendo il cerchio, perché in origine i latifondisti vendevano le proprietà immobiliari per avere liquidità da investire nella produzione senza rivolgersi alle banche. Poi, l’effetto leva e fattori metagiuridici hanno influenzato la mentalità degli operatori. La cartolarizzazione dei titoli di credito e le sofferenze bancarie hanno fatto il resto. Nella disattenzione generale. Perché le cessioni dei crediti sono state introdotte nel sistema per tutt’altro scopo, che per favorire l’accaparramento di patrimoni immobiliari. Ma finora non è stato rilevato. Due casi noti aiutano a capire, quello dell’imprenditore e quello del finanziere.

L’imprenditore

Mr. Lidl (che non si chiama veramente così) vive con la famiglia in un paesino (delizioso) del Baden – Wurttemberg, regione collinare e boschiva della Germania, confinante con Francia e Svizzera. Chi cambierebbe casa, se avesse la fortuna di gestire i propri lucrosi affari da un luogo che per tutti gli altri sarebbe una destinazione occasionale di vacanza? Tra l’altro, Mr. Lidl è un asset del paesino, in cui c’è una notevole concentrazione di ricchezza. Il centro direzionale del vasto impero commerciale produce occupazione di vario livello e induce, di per sé, benessere diffuso. Il grande imprenditore, inoltre, non vorrà farsi guardare dietro dai concittadini che incontra democraticamente al bar o all’edicola dei giornali. In perfetta osservanza del capitalismo renano, che ricorre alla finanza per investire nell’impresa e nella produzione. Mr. Lidl, infatti, riduce i margini di redditività per aumentare le vendite e investe gli utili nell’espansione del marchio e dei punti vendita, contribuendo all’occupazione e al benessere sociale. Il patrimonio personale è frutto di investimento delle finanze percepite sotto forma di dividendi dall’attività di impresa.

Cosa è il capitalismo renano

E’ noto che il capitalismo renano, rispetto al funzionamento del capitalismo tout court o anglosassone, ritenuto più attento alla remunerazione del capitale che al benessere indotto, indulge, per tradizione consolidata, risalente alla costituzione di Weimar del primo dopoguerra, nella “remunerazione” degli stakeholders, ossia di tutti i soggetti che indirettamente concorrono alla produzione. In linea con la tradizione, la costituzione tedesca del secondo dopoguerra stabilisce il principio formale che il diritto di proprietà debba concorrere al benessere sociale. E, in effetti, le regole di funzionamento delle grandi imprese sono modellate sul principio di partecipazione. I consigli di amministrazione sono riservati, in quote previste, ai rappresentanti dei lavoratori. Che, più di chiunque altro, sono consapevoli del ruolo e dei risultati aziendali, contribuendo molto concretamente alle fortune dell’economia tedesca.

Il finanziere

Con il nuovo millennio si è affermato in Italia un nuovo tipo di finanziere. Non più l’agente di cambio, che opera per conto terzi e, sotto sotto, per sé stesso, o il banchiere, intrecciato con la politica, che ha fatto tornare i conti della banca fino al 1999, fino alla legge sulla cartolarizzazione dei crediti, introdotta per ripulire i bilanci, promettendo margini ridotti di grandi volumi di crediti in sofferenza ai cessionari. Non più il Cuccia della situazione, che tramite Mediobanca ha controllato, non sempre con risultati apprezzabili, il sistema delle grandi imprese. Ora, il finanziere è titolare di crediti sofferenti o ritenuti inesigibili, ceduti dalle banche per poco o niente, che hanno in pancia patrimoni immobiliari grandi e piccoli. La cui realizzazione a volte non viene nemmeno tentata dalla banca con il proprio ufficio legale, astrattamente più competente in materia, per la funzione monotematica, degli uffici esterni. Con l’effetto, per la cessione in favore della nuova organizzazione, di costituire la premessa della formazione di un enorme mercato immobiliare controllato, a vantaggio dei protagonisti di settore a vario titolo e a svantaggio delle compravendite tra privati. Ma non solo. Anche di consistenti patrimoni immobiliari selezionati tra i tanti beni immobili nella piena disponibilità dei cessionari di credito. Se pensiamo che, a volte, le attività cessionarie dei crediti sono state costituite con i rami di azienda ceduti dalle banche insieme ai crediti da riscuotere, ci rendiamo conto dell’artifizio a cui è stato sottoposto il mercato di settore. A discapito del mercato allargato.

Alessandro Scuro
Alessandro Scuro
Alessandro è diplomato presso la Scuola Navale Militare “Francesco Morosini” di Venezia e dopo la laurea magistrale in giurisprudenza si è specializzato in diritto societario. È abilitato allo svolgimento della professione forense ed è il direttore responsabile della testata giornalistica NuovoMille.it

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