Le violazioni ricorrenti
E’ opinione diffusa che le violazioni dei diritti umani non riguardino direttamente i cittadini italiani ed europei in genere, protetti da un vasto sistema di leggi nazionali, tra cui in primis le carte costituzionali fondative, ed extranazionali, tra cui la convenzione europea dei diritti dell’uomo e la carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. La realtà è ben diversa. Perché le violazioni non sono infrequenti e i rimedi spesso non sono adeguati, sia per accessibilità, sia per tempestività. Il rimedio di complessa accessibilità, e comunque sempre tardivo, segnala, in effetti, la sussistenza irrisolta di violazioni non occasionali dei diritti e l’incapacità del sistema integrato di protezione di farvi fronte con efficienza, che è quanto si richiede, nella evoluta società civile occidentale, ad un sistema di diritto, concorrente ad una struttura collaudata di prevenzione delle violazioni. L’opinione (spesso interessata) che le violazioni riguardino prevalentemente, se non esclusivamente, soggetti estranei alla civiltà occidentale è, pertanto, strumentale e lontana dalla realtà. In effetti, le violazioni sono gravi e ricorrenti, avendo riguardo al tipo dei diritti più violati in Italia (in danno della dignità e delle libertà della persona che opera nel rispetto dell’ordinamento e contribuisce al benessere sociale), e all’inadeguatezza o perfino all’occasionale indifferenza del sistema di prevenzione e di soluzione, in parte pregiudiziale ed extragiudiziale, in parte giudiziale. Con un significativo progresso, negli anni più recenti, verso il peggioramento.
Sistema integrato di tutela
Il sistema integrato delle tutele si fonda su diritti tipici protetti, fattispecie di violazioni e sedi giurisdizionali, una delle quali è la corte europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo, consistente nell’organo giurisdizionale volto ad assicurare il rispetto della convenzione dei diritti umani da parte degli Stati contraenti. La corte è competente a giudicare «tutte le questioni riguardanti l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione e dei suoi Protocolli» (art. 32 della CEDU) e può essere adita quando siano stati esauriti i rimedi interni previsti dal diritto nazionale, in omaggio ai principi di sovranità dello stato, di dominio riservato e di sussidiarietà, per i quali uno stato prima di essere chiamato a rispondere di un proprio illecito sul piano internazionale, deve avere la possibilità di porre termine alla violazione all’interno del proprio ordinamento giuridico. Il ricorso può essere proposto sia dallo stato contraente, sia (ed è questa norma chiave del sistema di tutela dei diritti umani) da una persona fisica, da un’organizzazione non governativa o da un comitato di persone; in ogni caso il ricorso è proposto nei confronti dello stato contraente: non sono dunque ammessi atti diretti contro privati (persone fisiche od istituzioni).
Le aggressioni di rogue state, shadow banking e multinazionali
In caso di divergenze tra discipline concorrenti, prevale il sistema che assicura maggiore protezione ai diritti lesi, in omaggio alle clausole cosiddette orizzontali della convenzione e della Carta di Nizza, a cui il Trattato dell’Unione attribuisce valore vincolante: per dire che il sistema integrato europeo astrattamente esiste, ma non è efficiente. Quanto all’Italia, per l’inefficienza della giurisdizione nazionale, che impedisce l’accesso tempestivo alle giurisdizioni extranazionali (il ritardo di 10 o 12 anni è giustizia negata), e per l’inadeguatezza dello stesso sistema di diritto interno che non si è evoluto in concomitanza dei tempi e delle violazioni aggressive praticate da rogue state, shadow banking e società multinazionali, di fatto in danno della dignità, delle libertà e delle prospettive di vita dei cittadini italiani. Uno studioso italiano del diritto privato, esperto di diritti umani, Paolo Ungari, già esponente del partito repubblicano italiano, apprezzato anche nell’ambiente repubblicano degli Stati Uniti, consapevole della situazione e delle prospettive vieppiù inquietanti, nel corso di vari decenni, ma soprattutto negli ultimi anni del secolo scorso, ha tentato di imprimere una accelerazione alla reattività di sistema per una maggiore ed effettiva tutela dei diritti umani in Italia: purtroppo senza esito concreto. La sua vita si è conclusa tragicamente, dando luogo a non pochi motivati sospetti, il 6 settembre 1999, nella tromba dell’ascensore di un edificio romano, in pieno centro. Da allora, il tema dei diritti umani ha perso ulteriore terreno.
L’esperienza del settore professionale, forense in particolare
La mia personale, annosa esperienza del settore professionale e dell’ambito forense in particolare mi consente di riconoscere e denunciare il degrado provocato dai fattori che, nel corso degli anni, hanno influenzato, in difformità dai principi fondamentali dell’ordinamento, la libera competizione, la distribuzione del reddito nell’ambito della categoria, il funzionamento della giurisdizione. In conseguenza dei quali, il prestigio degli avvocati, un tempo indiscusso, corroso dai poteri esercitati impropriamente e indifeso dalle istituzioni di riferimento, è degradato a livelli impensabili. A cui, certo, hanno concorso fattori interni, consistenti nei conflitti categoriali e personali ascrivibili ai metodi delle “guerre tra poveri”. Per stare nell’ambito delle disfunzioni competitive: un tempo erano le Big Five, le società di revisione di origine americana, che dalla revisione sono passate, senza remore e senza limiti, alla consulenza e poi tramite gli spin off all’attività contenziosa. Gli studi legali anglosassoni, del tutto inopinatamente, sono apparsi numerosi all’inizio degli anni 90, a seguito della dissoluzione del sistema politico e di disfunzioni amministrative, e hanno acquisito – non si sa con quali meriti e per quali requisiti di eccellenza – incarichi e ricavi spropositati dalle privatizzazioni di società a controllo pubblico disciplinate sommariamente, come si è potuto verificare in base agli esiti. E’ ancora fresca la memoria delle crisi di impresa senza controllo provocate da operazioni improprie di leveraged buy out e delle perdite a carico della collettività di decine e centinaia di miliardi (di euro), che hanno “premiato” le organizzazioni professionali responsabili e privato di dignità e libertà le vittime, gli avvocati e gli altri professionisti impegnati nelle difese. Leggi e prassi di dubbia costituzionalità hanno contribuito all’incremento dello shadow banking culminato nelle disfunzioni del mercato immobiliare, da una parte togliendo valore alla piccola proprietà privata e dall’altra creando dal nulla valori e imperi imprenditoriali e finanziari. In danno dei ceti sociali non solo professionali, che, essendo lesi nelle legittime prospettive di vita e nei diritti fondamentali, comprensibilmente si sono disaffezionati alla politica e alla giurisdizione.