Le fattispecie astratte
Il reato di tradimento delle istituzioni democratiche è declinato dal codice penale in una varietà di tipi, dall’attentato contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato all’attentato contro il Presidente della Repubblica o contro lo Stato, mediante costituzione di bande armate o cospirazione politica, al fine di attentare alla sicurezza dello Stato o di provocare la guerra civile.
Le disposizioni in materia del codice penale militare di pace e di guerra e della Costituzione integrano le fattispecie astratte di reato, soggette a contestazione da parte dell’autorità giudiziaria competente e a verifica in giudizio, nel rispetto del contraddittorio tra le parti.
Almeno in tempo di pace, perché è noto che la giustizia in tempo di guerra è più sbrigativa, di solito a discapito dei diritti di difesa.
L’applicazione della legge
Dal dopoguerra ai nostri giorni le imputazioni delle fattispecie concrete di reato, cioè degli eventi che, nella prospettazione della Procura inquirente, presentassero gli elementi concorrenti all’applicazione delle disposizioni di legge in materia nei confronti delle persone imputate, sono state rare, rispetto all’evidenza di fatti eversivi, estesi nello spazio, trasversali, ripetuti nel tempo, terroristici e armati, funzionali allo sconvolgimento della vita democratica.
Nelle interpretazioni del pubblico si è trattato, di volta in volta, di debolezza, di compromissione culturale, di eccesso di clemenza, di cecità istituzionale. I giuristi di ogni inclinazione sono stati, invece, per lo più, di parere contrario, ritenendo la parsimonia dell’imputazione prova di forza dello Stato, e non di debolezza.
Le bande armate, ancorché ideologizzate e organizzate, in taluni casi sostenute da forze occulte interne ed esterne, infatti, non hanno effettivamente presentato, dagli anni 60 all’inizio del nuovo millennio, nella varietà di forme, una capacità di offesa tale da comportare in concreto l’effetto eversivo.
L’attentato all’integrità dello Stato si evolve
Negli anni più recenti, invece, l’integrità dello Stato è insidiata con modalità inedite, consentite da fenomeni sociali, quali la diffusione dei social, di internet, la parcellizzazione dei mezzi di comunicazione tradizionali, la frammentazione della cultura o, quanto meno, di manifestazioni considerate tali, e da fenomeni politici nuovi, quali gli effetti della dissoluzione dell’ex impero sovietico e della costituzione della Federazione russa, il progresso del soggetto europeo e della valuta europea, l’alternanza tra bipolarismo, unilateralismo e multilateralismo, l’affermazione di Cina e India sulla scena mondiale, lo sviluppo di regioni, una volta dette del terzo mondo, che, nella vulgata dei paesi occidentali, rispetto agli stili di vita occidentali, si presentano, allo stesso tempo, come medievali e moderne, protagoniste globali e custodi delle tradizioni locali.
In questo contesto, del tutto nuovo, previsto da storici illuminati, tra i quali fin dagli anni 50 si sono distinti Ernst Junger e pochi altri osservatori disincantati, gli attentati all’integrità e allo sviluppo dello Stato avvengono con modalità ibride, come componenti delle nuove guerre ibride, proxy war o conflitti a bassa e media intensità, caratterizzati dalla disinformazione e dalle aggressioni di rilevanza economica.
La disinformazione, l’eccesso di informazione e le false informazioni
L’informazione può essere distorta, ritardata, falsificata, frammentata, sottoposta ad ogni genere di manipolazione, per creare o demolire miti, illusioni, nemici.
Si può dire che le informazioni fossero più attendibili in passato, quando erano filtrate dallo spazio e dal tempo e gli eventi non si susseguivano veloci per stare dietro alle riprese televisive e alle esigenze dell’utenza, che regolarmente poi si rivalgono sul rispetto del dato fornito, anche con la ripetizione fuori contesto.
La Russia zarista e poi l’Unione sovietica sono state maestre di disinformazione controllata dallo Stato. Ma la pluralità dell’informazione democratica, in cui le notizie, le opinioni e i mezzi si intrecciano e si confondono, di proposito e non, offre all’utenza meno pronta al discernimento un esito non del tutto dissimile.
E’ così che gli Stati democratici offrono il fianco al tradimento delle istituzioni e del benessere delle comunità nazionali. Laddove l’opinione non si distingue dal mezzo e, quindi, dalla divulgazione, piuttosto che dalla garantita semplice, libera espressione, il confine tra lecito e illecito diventa labile, e perfino l’evento certamente illecito, in quanto contrario agli interessi nazionali, stenta ad essere connesso alla causa, nel rapporto necessario di causa ed effetto che, nei paesi democratici, è alla base della contestazione giudiziaria, anche penale.
Le ipotesi di attività illecite contrarie agli interessi nazionali
Voice of Europe è stata additata come strumento di disinformazione usato dalla Federazione russa contro gli interessi di alcuni paesi europei. Ma le personalità dell’Unione Europea implicate nei flussi di informazioni del portale si trincerano dietro alla libertà di opinione, se non alla maggiore lucidità delle loro analisi, e, d’altra parte, il discrimine tra le analisi fino all’invasione dell’Ucraina era molto variegato. E, tuttora, non è legittimamente univoco.
Né è a dire che il denaro eventualmente pagato costituisca evidenza di reato, quando si tratta di opinioni, e non, ad esempio, di trafugamento di tecnologia a scopo militare, perché le utilità percepite per compiere le attività illecite possono essere diverse dal denaro, perfino ideali (come avvenne in Gran Bretagna per i Cambridge boys di fede comunista), e lo stesso denaro a volte può essere frutto di collaborazioni professionali o imprenditoriali lecite.
Nel recente passato si sono presentate varie ipotesi di reato commesse da società di consulenza o da persone collegate, ma i casi sono stati prontamente archiviati o sono usciti dai radar dell’informazione, per essere degradati nei processi e nell’interesse dell’opinione pubblica.
In questo bailamme dell’informazione, quel che è certo, tuttavia, è che le attività illecite, confuse con le attività lecite, avvengono, e non di rado, a giudicare, ad esempio, dagli esiti di non poche operazioni economiche nazionali a perdere nel rapporto con soggetti statali e non statali, alleati e non alleati.
E’ la guerra economica, la lawfare, su cui il nostro libro La guerra economica globale, una strategia per l’Italia, offre analisi, specifiche e dettagliate dei profili giuridici di rilievo pubblico, concernenti le fattispecie, tuttora ricorrenti ed attuali, evidentemente lesive degli interessi nazionali. Spesso nel silenzio generale. Mentre gli effetti della disinformazione sbiadiscono i contorni degli eventi lesivi.