Riflessione sulla formazione del giurista
“Continuiamo ad insegnare un diritto che non c’è più” ha dichiarato Nicolò Lipari nel contributo ad una riflessione sulla formazione del giurista promossa dall’Istituto Betti nel 2018. Gli ha fatto eco Loredana Garlati: “il diritto che si insegna nelle nostre università … che ancora influenza di sé i modelli culturali prevalenti … è assolutamente diverso da quello che si applica nelle aule di giustizia”.
Quale diritto si applica
Nella riflessione condivisa non viene precisato quale sia il diritto che si applica nelle aule di giustizia, né dove si trovi sistemato e formalizzato a disposizione di studenti, giuristi e utenti, né da chi provenga e con quali modalità si sia affermato, visto che i magistrati hanno studiato nelle stesse università. Altri docenti nella stessa riflessione, rivolgendosi ai colleghi, hanno ventilato l’esigenza di una diversa strutturazione dell’insegnamento. Che, almeno in parte, non richiederebbe riforme di iniziativa legislativa (e quindi di matrice politica) e potrebbe costituire iniziativa meritevole delle stesse università. Non è noto che ciò sia avvenuto o sia in itinere. Si perpetua così il gap tra diritto insegnato e diritto praticato, che talvolta è “diritto libero” nell’accezione a cui ricorre la Corte di Cassazione.
Una modesta proposta
Lungi da noi la pretesa di concorrere alla riorganizzazione degli studi di diritto; ci limitiamo a segnalare la necessità di introdurre un insegnamento di base della contabilità manageriale (management accounting), indispensabile per la pratica in materia di impresa, e l’insegnamento avanzato di logica argomentativa, in aula e nei seminari (periodici), necessario per la pratica giurisdizionale. Con attenzione a buone e frequenti letture in tema di scienze umane. Sarebbe un buon inizio.