Successioni ereditarie travagliate

La lite in casa Agnelli

Il conflitto legale tra Margherita Agnelli e i figli di prime nozze, John, Lapo e Ginevra Elkann, ha ravvivato l’interesse del pubblico per una materia che suscita reazioni scaramantiche, ma affolla i tribunali: la successione. Non c’è famiglia in cui la memoria del “caro estinto” (in tribunale il de cuius) non susciti reazioni contrastanti, a seconda di quanto abbia o non abbia lasciato e soprattutto a chi e come.

Quale tipo di testamento

Per testamento e, in tal caso, pubblico od olografo, o per legge? Con il concorso di eredi legittimari e no? E cosa dice la legge, se il testamento non dispone di tutti i beni e la nomina di erede è affidata a interpretazioni? Non si tratta di astrusità; è la normalità. Tutti gli avvocati di una certa esperienza (ed età) ricordano cause che sono durate decenni e nelle quali sono subentrati gli eredi degli eredi.

Mancata indicazione di beni nel testamento

Nella saga degli Agnelli ci sono tutte le premesse perché le cause, già datate, siano destinate a durare. Perché la materia è complessa, non è interessata soltanto la giustizia italiana, e il testamento di Marella Caracciolo Agnelli, a quanto si è appreso dalla stampa, non solo avrebbe violato la legittima spettante alla figlia Margherita, ma – e questo è un punto ancora più dolente – non avrebbe disposto dell’intero asse ereditario, essendo emerse notizie di ingenti depositi esteri segreti costituiti a suo tempo dall’Avvocato, acquisiti al di fuori della devoluzione ereditaria.

Concorso di successione testamentaria e necessaria o legittima

Se così fosse, come sembra, si tratterebbe di un caso di scuola di concorso di successione testamentaria e legittima, cioè in parte voluta e assegnata dal de cuius, in parte, volente o nolente il detentore, destinata ad essere riassegnata dalla legge, in seguito alla ricostituzione dell’asse. Sempre se così fosse, Margherita avrebbe ragione a dolersi della minor parte che finora le è toccata in sorte, perché la maggior parte in precedenza sarebbe sfuggita all’appello.

La legittima non può essere violata

E – altro punto degno di nota – l’intreccio di giurisdizioni non incrina il principio del rispetto di legittima voluto dal legislatore italiano. Ma il sistema è farraginoso e le prove dei fatti devono essere ammesse ed escusse e, non di rado, le evidenze, quali che siano, sono controverse a loro volta. Quindi ai duellanti, ed ai rispettivi legali, non rimane che raccomandare savoir faire (l’Avvocato ne aveva da vendere) e, ad un certo punto, la stipula di una buona o cattiva transazione, che spesso è meglio di una causa vinta.

Trust esteri come esterovestizione dei beni

La questione del rispetto della legittima è un punto centrale della normativa italiana in materia. La Corte di Cassazione se ne è occupata a fondo in occasione dei trust esteri, che, nelle doglianze dei legittimari pretermessi, occultavano i beni collocati all’estero o in Italia, ma controllati dall’estero, in una sorta di esterovestizione del soggetto proprietario. Quando i beni sono stati ricondotti alla proprietà certa da parte del de cuius, che magari aveva voluto privilegiare con il trust una seconda coniuge o uno dei numerosi figli, la Cassazione non ha esitato a far valere le ragioni del legittimario pretermesso.

Il patto di famiglia deve rispettare la legittima

Per concludere, anche il patto di famiglia, che legittimamente privilegia un erede nell’assegnazione dell’impresa di famiglia, soggiace alla regola del principio di assoluto rispetto della legittima. In virtù del quale, l’imprenditore, che intende destinare l’impresa al figlio o alla figlia più capace, deve comunque disporre di risorse che gli consentano di equilibrare le attribuzioni tra eredi. E, se non ne dispone, deve ricorrere all’acquisizione delle risorse necessarie, al fine di sottrarre l’impresa alla certezza della dissoluzione dopo la sua morte e, quel che è peggio, ad anni e anni di cause.

Ugo Scuro
Ugo Scuro
Ugo dopo aver completato gli studi di diritto e dopo aver fatto esperienza in grandi studi internazionali, negli anni 70 ha fondato il suo studio legale a Roma. Si dedica da oltre trent’anni all’attività di consulenza ed assistenza stragiudiziale e giudiziale in favore di imprese di ogni dimensione. Autore di numerose pubblicazioni in materia di crisi d’impresa, si è impegnato a lungo nelle ristrutturazioni e riconversioni aziendali, nelle liquidazioni volontarie e concorsuali ed è stato consulente del Prof. Avv. Francesco Vassalli e di altre organizzazioni professionali.

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