La politica forense di Tommaso Bucciarelli

L’avvocato e la persona

Scomparso prematuramente nel 1976, Tommaso Bucciarelli, avvocato e uomo di ingegno, ha lasciato un segno nella vita dei giovani avvocati che si sono formati e affermati grazie all’AIGA, la sua creatura prediletta, e, non meno, nella politica forense di quegli anni.

Chi scrive lo ha conosciuto, frequentato e stimato, avendo lavorato nel suo studio, al quale si rivolgevano, tra i tanti, gli industriali del settore alimentare e gli istituti religiosi, personalità prestigiose del mondo di allora e persone umili, perché Tommaso non faceva mancare il consiglio e l’assistenza anche a chi non si sarebbe potuto permettere di rivolgersi a lui.
Tra i suoi tanti e autorevoli amici, professionisti, esponenti di banca e dirigenti di stato, c’era Giovanni Leone, presidente della Repubblica in carica dal 1971 al 1978, che ogni tanto telefonava a studio, e Tommaso, per rispetto, si alzava in piedi. Per dire della persona e del suo apprezzamento, oggi molto scaduto nel nome di una malintesa modernità, per le forme, anche nei rapporti sociali e amicali.

La visione di Tommaso e il suo impegno

Si può dire che la politica forense sia nata allora, proprio con Tommaso e con l’AIGA, crogiuolo di una rappresentanza autorevole della professione legale; che, nella sua visione, doveva essere libera (in senso proprio), competente, impegnata nell’attività professionale e, non meno, nella testimonianza dei valori di libertà e legalità, anche mediante l’azione del singolo avvocato.
Tommaso aveva intuito che gettito e distribuzione del reddito di settore erano il risultato riflesso della politica economica generale e dello sviluppo degli affari e degli scambi internazionali, a cui l’avvocato non poteva essere estraneo; anzi, doveva rappresentare quel nuovo mondo e acquisire la mentalità e le capacità di un avvocato d’affari analogamente al business o corporate lawyer anglosassone per garantirsi ascolto, competitività e prospettive di crescita.

Nel mondo italiano di allora, che, sulla scia del boom economico del dopoguerra, si proponeva sulla scena internazionale come ambizioso protagonista industriale, l’avvocatura era fortemente ancorata al prestigio di personalità geniali, autorevoli, ma generalmente poco propense a strutturare organizzazioni professionali competitive con gli studi anglosassoni e, nella comunità europea del carbone e dell’acciaio, anche con studi tedeschi e francesi.

Circa 70.000 avvocati in Italia negli anni 70, di cui circa il 10 per cento a Roma, in proporzione analoga ai numeri di questi anni più recenti, si distribuivano un mercato interno in crescita, che non obbligava a scelte di gestione e di organizzazione: diversamente dagli anni 90 e successivi, in cui il ceto forense ha subito gli effetti di una competizione artificiosa, fortemente influenzata da una politica economica schizofrenica.
Tommaso aveva visto tutto questo con grande anticipo e, tramite l’AIGA e le altre agenzie intermedie connaturate alla pratica professionale, sollecitava una costante interlocuzione con le istituzioni, oltre ad iniziative concrete, di impatto immediato sull’attività dell’avvocato: di qui, ad esempio, la sua partecipazione ai lavori di preparazione del C.E.D. della Cassazione.

In sintesi, si può concludere che Tommaso ha avuto una visione della politica di settore e ha contribuito a realizzarla con generosità scevra da personalismi.

Quale domanda di politica forense oggi

I troubles italiani degli anni 90 da Tangentopoli agli attentati della malavita organizzata, il dissesto di tante grandi imprese, il difetto di rappresentanza degli interessi nazionali nelle assemblee non governative che allora e in seguito si sono insediate nel mondo, dopo la costituzione della World Trade Organization, oltre a non pochi, gravemente deleteri personalismi (del tutto assenti nella visione e nella pratica di Tommaso), hanno provocato disfunzioni competitive, una minore considerazione sociale del ruolo dell’avvocatura e una conseguente, del tutto anomala distribuzione del gettito di categoria, spesso ingiustificata sotto il profilo delle capacità personali, che, in teoria, dovrebbero premiare l’impegno dell’avvocato.
A cui la politica forense non offre la risposta necessaria, intervenendo – come dovrebbe – nella denuncia delle disfunzioni di sistema, a tutela di una compiuta, efficiente, non arbitraria, né personalistica, attuazione dei principi di legalità e competitività e nell’interesse dello sviluppo economico generale, non meno che della categoria: questo è il punto. Inutile girarci intorno.
Sulle modalità di intervento, dove, come e quando, e sulla disponibilità delle istituzioni all’interlocuzione, si apre il dibattito, nel settore e nel paese.

Ugo Scuro
Ugo Scuro
Ugo dopo aver completato gli studi di diritto e dopo aver fatto esperienza in grandi studi internazionali, negli anni 70 ha fondato il suo studio legale a Roma. Si dedica da oltre trent’anni all’attività di consulenza ed assistenza stragiudiziale e giudiziale in favore di imprese di ogni dimensione. Autore di numerose pubblicazioni in materia di crisi d’impresa, si è impegnato a lungo nelle ristrutturazioni e riconversioni aziendali, nelle liquidazioni volontarie e concorsuali ed è stato consulente del Prof. Avv. Francesco Vassalli e di altre organizzazioni professionali.

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