La lunga marcia dell’animalismo

L’evoluzione del pensiero e della legge

La normativa italiana ed europea sulla protezione degli animali da compagnia, e non solo, si è molto evoluta negli anni più recenti, in conformità al principio che “lo stato promuove e disciplina la tutela degli animali d’affezione, condanna gli atti di crudeltà contro gli stessi, i maltrattamenti e il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l’ambiente”. Il principio della tutela degli animali è stato introdotto anche nella Costituzione tra i principi fondamentali. Si sta formando inoltre una consistente giurisprudenza civile e penale, al passo con l’affermazione dell’animalismo, che, per l’associazione Provita & Famiglia, è una corrente di pensiero che esprime idee contrarie alla subordinazione del regno animale all’uomo; riconosce agli animali veri e propri “diritti” (esercitati dall’uomo) e, per le sue evidenti implicazioni, inerenti, ad esempio, alla macellazione e alla sperimentazione, pone questioni di ordine filosofico, etico e giuridico. La politica non è rimasta estranea a questa nuova sensibilità, rappresentata in parlamento da alcune note personalità, trasversali agli schieramenti politici.

L’altra faccia della medaglia

Nuova sensibilità, a dire la verità, che si dimostra a volte fin troppo pronunciata. E’ noto che gli orsi nel Trentino riscuotono una simpatia superiore all’uomo, visto che le ordinanze di abbattimento dell’orso assassino sono state contestate e impugnate. I cinghiali dilagano nella penisola, distruggendo prati e giardini e assediando i cassonetti della spazzatura: finora fastidiosi, inquietanti, ma non aggressivi per l’uomo. I lupi, importati dal centro Europa per “ripristinare” l’habitat naturale del tempo che fu nelle montagne italiane, scendono a valle in cerca di cibo, insidiando le risorse dei cani randagi. La prospettiva del “ritorno alla natura” è perfino peggiore, ove si pensi alla tutela delle zone paludose “ricche” di insetti che portano tifo e altre patologie assai nocive, perfino in località contigue a zone turistiche, a rischio di scoraggiare i visitatori. Di questo degrado apparentemente nessuno si accorge, nemmeno nelle sedi deputate. Ma non è finita qui.

Cani in libertà

Due esimi docenti del Regno Unito hanno scritto un interessante e inquietante articolo dal titolo “The free dogs of India”, pubblicato sul sito Aeon, a magazine of ideas and culture, e da lì ripreso dal settimanale Internazionale con il titolo “La lezione dei cani liberi indiani”. In breve, in una certa regione indiana i cani sono liberi (randagi, si dice ancora in Italia) “di esistere fuori della proprietà umana” e di vagare in cerca di cibo e di alloggio. Il tema è trattato dai due autori come forma di ribellione contro il colonialismo britannico che aveva introdotto nell’ordinamento il contrasto del randagismo. L’articolo si conclude con l’auspicio che si impari a convivere anche in Europa con cani, gatti, gabbiani, scarafaggi e zanzare.

Alcune umane considerazioni

Non sembra esattamente una prospettiva piacevole, che si debbano archiviare gli insetticidi e si debbano nutrire animali potenzialmente nocivi o pericolosi per scongiurare insidie o aggressioni o malattie. Così facendo, si archivierebbero secoli di civiltà conquistata con l’ingegno applicato anche alle esigenze della vita quotidiana. La saga del pianeta delle scimmie ha dilettato varie generazioni di spettatori di cinema e televisione. Perché non era credibile. La prospettiva di un animalismo che si confonde con l’animalità rischia di renderla più credibile e meno piacevole.

Alessandro Scuro
Alessandro Scuro
Alessandro è diplomato presso la Scuola Navale Militare “Francesco Morosini” di Venezia e dopo la laurea magistrale in giurisprudenza si è specializzato in diritto societario. È abilitato allo svolgimento della professione forense ed è il direttore responsabile della testata giornalistica NuovoMille.it

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