Il diritto di finanziamento è legge

Cenni sulla normativa rilevante

Il diritto di finanziamento dell’attività economica è stato formalmente introdotto nell’ordinamento positivo dello Stato dal Decreto Legge n. 23 dell’8 aprile 2020, recante, tra l’altro, Misure Urgenti di Accesso al Credito, pubblicato in pari data sulla Gazzetta Ufficiale n. 94, entrato in vigore in data 9 aprile 2020.

In precedenza, l’ordinamento ha disciplinato periodicamente, con leggi quadro o leggi speciali, misure di accesso al credito agevolato per categorie di attività, per lo più in relazione a prospettive di sviluppo economico in zone depresse ovvero a iniziative innovative, mediante provvidenze, sulle quali il vaglio della Pubblica Amministrazione è stato ampiamente discrezionale.

Il Decreto Legge n. 23, invece, si rivolge a tutte le categorie economiche e risponde alle caratteristiche della generalità e astrattezza, alle condizioni specificamente previste, in particolare negli artt. 1 e 2, aventi ad oggetto il sostegno alla liquidità delle imprese e all’esportazione, temperato soltanto dalla limitazione dell’arco temporale, compreso tra l’entrata in vigore e il 31 dicembre 2020, e dallo stanziamento di finanza pubblica.

Il Decreto prevede che la SACE presti garanzia, in favore di banche e istituzioni finanziarie nazionali e internazionali, per finanziamenti sotto qualsiasi forma, al fine di assicurare liquidità alle imprese colpite dall’epidemia.

La normativa, sulla base dei poteri attribuiti al Governo dalla Costituzione, si rivolge, pertanto, alle imprese e alle banche, costituendo tra loro il vincolo privato, di interesse pubblico, del rapporto di finanziamento “per assicurare continuità alle imprese”.

Le premesse del Decreto esplicitano il riferimento circostanziale all’emergenza sanitaria in corso e il richiamo alla normativa comunitaria in materia di sanità e credito, e comunicano ai soggetti, a vario titolo, destinatari, che le finalità dell’intervento normativo sono dovute “alla straordinaria necessità e urgenza di contenere gli effetti negativi che l’emergenza epidemiologica COVID – 19 sta producendo sul tessuto socio – economico nazionale”, e riguardano, pertanto, l’economia, che è interesse nazionale per eccellenza, affidato alla tutela della Costituzione e dell’articolato impianto legislativo che ne discende, noto come diritto dell’economia.

La Costituzione riserva ai rapporti economici il Titolo III, artt. 35/47, e, tuttavia, nei Principi Fondamentali, art. 4, “riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”, avendo precisato nel precedente art. 3 che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale”.

Inoltre, l’art. 41 dispone – come è noto – che “l’iniziativa economica privata è libera” e conforme a utilità sociale; l’art. 47 dispone che “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina e coordina l’esercizio del credito”, come, appunto, avviene nella circostanza, a fini di dichiarata utilità sociale e di tutela dell’interesse nazionale.

Questo per dire che la ricchezza nazionale, misurata dal PIL, è primario impegno dei soggetti che costituiscono l’Ordinamento della Repubblica (parte seconda della Costituzione), tra cui il Parlamento, il Governo e la Magistratura, ai quali incombe il dovere di rango costituzionale di tutelare, nell’ambito delle rispettive funzioni, i rapporti economici.

Il diritto di finanziamento, introdotto nell’ordinamento positivo con il Decreto, per le finalità di tutela dell’economia, di cui l’assistenza prestata alle imprese è soltanto effetto riflesso, è, quindi, attuativo delle norme di legge che presiedono all’esercizio delle attività economiche e dei Principi Fondamentali, che devono essere rispettati e declinati in sede legislativa e in sede amministrativa, e non certo da alcuno disattesi, pena la violazione della Costituzione, le cui disposizioni – ha stabilito la Corte di Cassazione – sono direttamente applicabili nelle controversie.

Il MISE ha precisato che opera al 100 per cento la garanzia per i finanziamenti non superiori al 25 per cento dei ricavi aziendali fino al massimo di 25 mila euro e che non è richiesta, in tal caso, alcuna valutazione del merito di credito dell’impresa richiedente. Come dire alle banche: pagate e basta.

La Circolare dell’ABI in materia ha premesso, con riferimento al precetto normativo: “Vista l’estrema necessità e urgenza di darne immediata applicazione da parte delle banche, forniamo subito una prima tempestiva informazione. Di seguito si illustrano le disposizioni sulle quali si richiama la massima attenzione e l’immediato impegno attuativo degli Associati”.

Il sistema del credito, tuttavia, non ha reagito con adeguata prontezza al precetto normativo e all’invito rivolto, in via attuativa e interpretativa, dal MISE e dall’ABI, come è stato criticamente rilevato da personalità della politica e dell’economia e come è stato verificato, sul campo, da numerosi imprenditori e professionisti interessati al finanziamento.

Il rapporto giuridico tra SACE, banca e impresa

La resistenza opposta dalle banche è illecita – va detto chiaramente – ed è suscettibile di sanzione, anche risarcitoria, a favore dell’impresa che richiede il finanziamento nel rispetto delle condizioni di legge.

In concreto, l’imprenditore, che si trovi nelle condizioni previste, ha diritto al finanziamento e il suo diritto è tutelato dalla legge, in ogni modo e in ogni sede.

Non è necessario ricorrere ai sacri testi o alle risorse della filosofia del diritto e della sociologia per sostenere che il precetto normativo, ampiamente circostanziato, inequivocabilmente diretto a banche e imprese, costituisca nelle banche il dovere e nelle imprese il diritto, rispettivamente di erogare e di acquisire il finanziamento.

La necessità della produzione e degli scambi, a fini di ricchezza diffusa, non è messa in discussione in alcuna economia progredita (e nemmeno nelle economie meno progredite, che, pure, ricorrono a strumenti organizzativi più rudimentali). La collettività ha bisogno che la produzione e gli scambi abbiano luogo.

Il contesto sociale comporta l’esercizio di attività economiche, proponendo bisogni e prescrivendo le regole di soddisfazione di tali bisogni, che, in diritto, assumono la veste di negozi giuridici di vario tipo e complessità.

La fattispecie astratta del negozio di finanziamento introdotto dal Decreto prevede la partecipazione di tre soggetti: della SACE garante, in vece dello Stato, della banca fornitrice e dell’impresa cliente.

Si tratta di un rapporto giuridico imposto dalla legge, a prezzi amministrati, come avviene per altre categorie di beni, le cui parti contraenti sono, in via legale presupposta, la SACE, e, in via negoziale, la banca e l’impresa.

Il contratto si concretizza formalmente tra banca e impresa, sulla base di premesse legali presupposte, che disciplinano e impongono il rapporto, quanto alla garanzia offerta e alle condizioni predefinite.

Le parti roganti, banca e impresa, in effetti, devono soltanto darsi reciprocamente atto della sussistenza delle condizioni di legge e procedere in conformità.

Il rapporto, così costituito, consiste in un contratto tipico, essendo tipizzato dalla legge, che risponde ai requisiti previsti dal Codice Civile, specificamente consistenti nell’accordo delle parti, nella forma, nell’oggetto e nella causa, esattamente come per qualsiasi altro contratto tipico, atipico, misto e complesso.

La causa del contratto, sulla presupposizione dell’emergenza sanitaria e dei danni prodotti a carico del tessuto socio – economico, soddisfa, allo stesso tempo, il fabbisogno di liquidità dell’impresa e l’esigenza economica della collettività, che, tramite i cittadini, presta il lavoro in tutte le sue forme, e a cui sono rivolte le attività di produzione e di scambio.

E’, pertanto, questa una causa complessa, particolarmente meritevole di tutela, a prescindere dalla tipicità, sotto il duplice profilo unitario e collettivo.

La fattispecie legale comporta, a carico della banca, ricorrendo le condizioni, l’obbligo della stipula, con ogni conseguente effetto di legge, sia in caso di stipula, che di inadempienza alla stipula.

Il modulo, nella forma predisposta dall’ABI o dalla banca, assolve la funzione volitiva dell’impresa, a cui la banca non può opporre resistenza o ostruzionismo, magari per pretendere il conguaglio con preesistenti linee di credito, allo scopo di acquisire indebitamente la garanzia dello Stato, con ciò erogando, in effetti, una minore linea di credito destinata al fabbisogno di liquidità.

La pretesa della banca contravviene, in tal caso, alla previsione normativa, che espressamente dispone nell’art. 1: “la garanzia copre nuovi finanziamenti concessi all’impresa successivamente all’entrata in vigore del presente decreto”, alla circolare dell’ABI, che precisa: “la banca potrà erogare il finanziamento con la sola verifica formale del possesso dei requisiti”, e costituisce inadempienza nei confronti dello Stato, suscettibile di qualificazione in dipendenza di vari fattori, oltre che dell’impresa richiedente.

Considerazioni conclusive

Acquisita la consapevolezza del diritto, costituito dal Decreto a favore  delle imprese e a carico delle banche, giova chiedersi come l’aspettativa di realizzazione del diritto, legittimamente avvertita dalle imprese, possa essere attivata a fini di tutela: esattamente come qualsiasi altro diritto, al quale corrisponde il dovere della controparte (in questo caso, alla stipula e alla prestazione del finanziamento, da parte della banca), è la risposta.

Se ricorrono le condizioni – e questo onere di verifica e di prospettazione incombe all’impresa richiedente – la banca è obbligata a stipulare prontamente, posto che il ritardo già consente all’impresa di prefigurare il danno e di esercitare la pretesa risarcitoria.

Decorso inutilmente il periodo fisiologico per la lettura dei documenti (pochi giorni), la richiesta dei danni dovrà essere formalizzata mediante un atto di invito, che rappresenti le ragioni di urgenza e assegni un termine per l’adempimento, con avvertenza che, in difetto, si procederà a norma di legge.

E’ opportuno che, del mancato adempimento della banca, siano avvertite le istituzioni che presiedono al settore e all’emergenza, affinché siano da esse esercitate, nell’ambito delle rispettive funzioni, adeguate iniziative sia di sollecitazione nei confronti della banca restia a soddisfare l’obbligazione, a titolo di moral suasion, sia, all’occorrenza, di sanzione del comportamento colposo o doloso o semplicemente incapace.

Se è vero, infatti, che spregiudicate operazioni a leva hanno inquinato e dissestato, negli anni scorsi, numerose imprese, e hanno prodotto una generazione di finanzieri privi di scrupoli e di competenze industriali, il gigantismo bancario ha allontanato il credito dalle piccole e medie imprese, provocando la scomparsa o l’emarginazione di ruoli tradizionali importanti, all’interno del front office bancario.

Alle banche, in effetti, mancano ora professionalità specializzate e dedite alla soluzione dei problemi aziendali, e, così, ristrutturazioni, che potrebbero essere risolte prontamente, si trascinano a lungo e, spesso, si arenano: “burocrazia che distrugge ricchezza”, nelle parole di Guido Roberto Vitale, il finanziere scomparso nel 2019, titolare dell’omonima boutique di servizi finanziari.

Il Decreto offre, ora, opportunità inedite alle imprese e apre la strada al tema del diritto di finanziamento tout court (fortemente avversato dal sistema del credito), attese le funzioni assegnate dalla Costituzione e dalla legislazione primaria alle imprese e alle banche, che amministrano – bisogna ricordare – mezzi di terzi di rango costituzionale (il risparmio privato) talvolta come se fossero mezzi propri (disponendo, tra l’altro, dei crediti in sofferenza in favore di società cessionarie, a prezzo di saldo, con modalità opache, sottratte al contraddittorio con le parti interessate che ne chiedono ragione).

E’, pertanto, il caso che gli imprenditori di ogni settore e di ogni dimensione non trascurino l’opportunità implicita nella previsione normativa dell’emergenza, per ricostruire, in collaborazione con le associazioni più rappresentative e organizzazioni professionali esperte e indipendenti, un sistema del credito che risponda efficacemente ai bisogni di breve, medio e lungo periodo delle imprese e alle connesse esigenze di ricostruzione e di sviluppo delle attività economiche proprie della Comunità – Stato.

Nicola Scuro
Nicola Scuro
Nicola è avvocato in Roma ed esercita la professione forense nel campo del contenzioso civilistico, societario, concorsuale e fallimentare e nel settore stragiudiziale, come Managing Director della Scuro & Partners Srl. Legale di procedure concorsuali e Commissario Liquidatore di società cooperative, nominato con decreto del M.I.S.E., è docente a contratto in diritto civile, penale e processuale civile per la Ius & Law S.r.l. Autore di articoli e pubblicazioni nelle materie di elezione, è componente della Commissione “Processo civile” istituita presso l’Ordine degli Avvocati di Roma. E’ abilitato al patrocinio in Cassazione e presso le altre magistrature superiori.

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