La Logistica in Italia: analisi e prospettive di sviluppo

Le imprese e le attività di logistica sono state notate nel corso dell’emergenza sanitaria per il contributo insostituibile offerto alla distribuzione dei generi essenziali e, non di rado, per il sacrificio personale degli operatori.

Imprenditori, rappresentanti di categoria ed esponenti della politica hanno commentato diffusamente l’esperienza, ritenendola proficua sotto il duplice profilo operativo e informativo, e concordando, per lo più, che il settore richiede sviluppo e che le circostanze consentono opportunità finora inesplorate.

Noi abbiamo seguito dibattiti, interviste e riflessioni e offriamo al dibattito le nostre brevi considerazioni.

La mano pubblica si è avvalsa dell’opera preziosa delle imprese private a fini di utilità pubblica e, ora, deve fare la sua parte per semplificare la selva della burocrazia e per migliorare l’offerta infrastrutturale, materiale e immateriale.
Le imprese di settore devono, a loro volta, fare la propria parte, coltivando la cultura del progetto e del dato a fini decisionali, orientando la prestazione dei servizi nella direzione dell’elaborazione e della gestione dei flussi informativi, introducendo o migliorando la contabilità industriale, per realizzare le opportunità offerte dall’integrazione di manifattura e logistica.

Per la realizzazione di questi traguardi, processo e modelli di sviluppo devono essere adattati alle proiezioni e alle esperienze pregresse, ricorrendo con spirito innovativo a strumenti di finanza e di diritto, ancora poco praticati nel settore, e risolvendo quanto prima i dilemmi della giurisprudenza di legittimità tra somministrazione e appalto, a cui conseguono effetti profondamente diversi, mediante la realizzazione di un contratto tipo, che tenga conto, oltre che dell’esperienza diffusa, delle più ambiziose prospettive di settore.

L’offerta del servizio di logistica è fin troppo frammentata

Il settore è rappresentato, in Italia, da 95 mila imprese, che impiegano 1,5 milioni di addetti. I ricavi medi non raggiungono 1 milione, essendo 85 miliardi il fatturato della categoria. Il che significa che la gran parte delle imprese è artigianale e non dispone di risorse adeguate alle esigenze di investimento e di sviluppo richieste dalla domanda, oltre al trasporto materiale, che nelle prospettive di settore vale sempre di meno.

La capacità tecnica ed economica del trattamento dei dati, consistenti, ad esempio, nei flussi di gestione dei materiali, dei semilavorati e dei prodotti finiti, è destinata a selezionare la specie, in applicazione del noto principio della selezione naturale, introdotto da Darwin nella scienza biologica, applicabile anche all’attività economica.

Tanto più che la concorrenza estera è agevolata indirettamente dalla clausola ricorrente Ex Works o Franco Fabbrica, che, nelle attività di esportazione, come ha osservato di recente Guido Nicolini, Presidente di Confetra, comporta l’impiego di operatori esteri, percettori, quindi, di ricavi e di redditi diversamente destinati a operatori nazionali.

Tra l’altro, visto che “I prodotti manifatturieri rappresentano il 98 per cento delle esportazioni di beni italiani e l’80 per cento di quelle totali (compresi i servizi)”, ha ricordato Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, questi ricavi e redditi conseguiti dagli operatori esteri in virtù della clausola citata, sono molto consistenti, miliardi in effetti realizzati all’estero, a svantaggio degli operatori italiani, che potrebbero rendere il servizio, beneficiando del risultato economico in proprio e a favore delle prospettive di sviluppo dell’intero settore.

La concorrenza scomoda di Amazon

Non solo. Il fattore Amazon, che negli Stati Uniti comincia a essere ingombrante anche per i giganti di settore, non si può ignorare. La società è presente da tempo in Italia con l’attività caratteristica e con i Web Services. Infatti, oltre all’attività di e-commerce, che l’ha resa ricca e nota, Amazon vende servizi cloud molto remunerativi. Ma proprio questi servizi Web l’hanno messa nei guai con la giustizia americana e costituiscono un segnale per la concorrenza di entrambi i settori, in Italia e in Europa.

La Corte d’Appello della California, con una sentenza innovativa, in considerazione delle notevoli competenze integrate di cui Amazon si avvale nella prestazione delle attività, l’ha ritenuta corresponsabile per i difetti del prodotto venduto on line e per i danni causati al consumatore. Nella fattispecie, la batteria di un laptop era esplosa in faccia all’acquirente.

La sentenza, in realtà, non inverte la giurisprudenza sulla astratta irresponsabilità dell’operatore di e-commerce, ma la integra concretamente nei confronti di Amazon, che, secondo la Corte, svolge un ruolo fondamentale di protagonista informato e determinante nella catena del processo di vendita.

Amazon ha annunciato ricorso, fiduciosa che le condizioni generali di contratto (nella versione italiana: “Amazon facilita le transazioni che intercorrono sul sito, ma non è parte del contratto di vendita”), la mettano al riparo da rischi di corresponsabilità.

Nel frattempo, tuttavia, la crepa si è aperta, offrendo un’opportunità di reazione sia alla diretta concorrenza italiana, meno agguerrita, sia ai numerosi negozianti al dettaglio, che, nel corso del lockdown, hanno ceduto quote di mercato significative ad Amazon.

In questa riflessione non intendiamo, però, trattare il tema dei possibili effetti della sentenza americana nelle attività europee e italiane di Amazon rispetto ai mercati di riferimento, né, al momento, la delicata materia della logistica integrata, di una effettiva libertà di concorrenza, tutelata dalle Autorità competenti, e dei rapporti contrattuali degli operatori con la committenza diffusa, quanto, piuttosto, richiamare l’attenzione sulle prospettive di settore, che, negli auspici dei protagonisti e nelle analisi degli osservatori, richiedono l’intervento pubblico di semplificazione burocratica e una più consistente informazione sia delle imprese, che dei consumatori, e, secondo noi, una specifica focalizzazione degli operatori sulle proiezioni consentite dai dati disponibili.

Il futuro della logistica in Italia

L’Italia è protagonista in Europa, particolarmente per la consistenza e la qualità della logistica lombarda, che compete, ad armi impari per il deficit infrastrutturale della regione e del paese, con l’Olanda (West Netherlands, Rotterdam), la Francia (Ile-de-France), la Germania (la Baviera, Monaco) e la Catalogna (Barcellona), a pari merito con quest’ultima.

La chiusura dovuta alla nota emergenza sanitaria ha messo a dura prova la capacità di resistenza del settore, che, tuttavia, non è stato sopraffatto dagli eventi. Anzi, la reattività dimostrata dalle imprese nel corso dell’emergenza costituisce uno stimolo e l’occasione – da non perdere – per contribuire alla riprogettazione del settore e delle attività di produzione e distribuzione.

Non a caso, Ivano Russo, Direttore Generale di Confetra e fine analista della politica di settore, ha prontamente rilevato “finalmente alla logistica la dignità e l’attenzione del governo”.

È preliminarmente necessaria un’attività di informazione sia dei consumatori, che guardano con favore alla logistica, ma, con buona dose di incoerenza, molto meno ai trasporti, che ne costituiscono parte essenziale, sia delle imprese manifatturiere, che, per tradizione consolidata, hanno considerato finora la logistica quale attività ancillare alla produzione.

Alessandro Spada, Presidente di Assolombarda, ha rilevato il ruolo prezioso svolto dalla logistica nell’efficientamento della produzione e distribuzione, e ha richiesto, a fini di realizzazione dell’interesse pubblico-privato intrinseco all’economia industriale, “un disegno di politica industriale moderna e sostenibile nel tempo … questo significa dotare la Lombardia della capacità infrastrutturale necessaria … dobbiamo favorire la creazione di poli logistici, l’intermodalità, la digitalizzazione, la semplificazione delle procedure autorizzative”.

Giampaolo Botta, Direttore Generale di Spediporto, l’associazione degli spedizionieri genovesi, ha ricordato il ruolo importante svolto dal porto di Genova per la città e la regione e ha sollecitato l’attenzione del governo sull’esperienza proficua delle enterprise zones in Gran Bretagna.

In concreto, la logistica potrà crescere sostanzialmente, senza rinunciare alla propria insostituibile specializzazione, integrandosi con la pubblica amministrazione di settore e con la manifattura, previo adattamento reciproco.

Il percorso di integrazione

La manifattura di piccola e media dimensione è largamente dipendente dai servizi logistici di trasporto e magazzino, anche a fini competitivi. La logistica, nella sua attuale complessità, vive dei servizi resi alle piccole e medie imprese, ed è tuttora considerata – come si è detto – attività ancillare.

La piccola e media impresa, che, a sua volta, rappresenta complessivamente in Italia oltre l’80 per cento dell’attività produttiva, deve scegliere, ad un certo punto del suo sviluppo, se dedicarsi esclusivamente al core business, enucleando e appaltando, all’esito di risultati affidabili della contabilità industriale, in base all’esame dei costi di transazione, le attività connesse, ovvero se coltivare in proprio il processo della cosiddetta servitizzazione, consistente nell’integrazione interna di produzione e servizi, passando, così, dall’offerta del prodotto puro e semplice all’offerta di un sistema integrato di prodotto-servizio, eventualmente destinato, nel prosieguo, ad essere ulteriormente segmentato per realizzare componenti distinte dell’offerta.

E’ stata questa l’esperienza proficua di molte attività industriali negli anni 70 e 80 del secolo scorso. Ed è questo che è successo, con effetti macroeconomici, in Amazon. L’appalto delle attività connesse, nel primo caso, richiede, comunque, la raccolta, la selezione e la gestione dei dati, a cura di imprese specializzate nella logistica integrata: poco numerose, allo stato, rispetto al mercato potenziale.
Il confronto tra costi interni o esterni di gestione delle attività di servizio – in concreto, da appaltare o meno – consente, in ipotesi, perché la realtà è complessa, la scelta tra l’una e l’altra opzione del percorso aziendale.

Le difficoltà della scelta derivano spesso da una inadeguata contabilità industriale o dal perseguimento di obiettivi troppo ambiziosi, che eccedono le capacità maturate o il merito di credito dell’impresa. D’altro canto, pari difficoltà investono, allo stato, le imprese di logistica, di fronte alla prospettiva, pur necessaria nel mondo globale sempre più competitivo, della crescita per linee interne o esterne.

La risposta alle loro esigenze non può che venire dal contributo di altri protagonisti di settore: le associazioni di categoria, gli analisti pubblici e privati, i consulenti specializzati.

Ricordiamo che anche il profilo culturale non è estraneo al settore e alle prospettive di sviluppo. Le pubblicazioni non mancano. I dibattiti non mancano, perfino adesso, nel momento più buio della recente storia economica italiana. L’istruzione non fa difetto. L’Università di Pisa ha aperto nell’anno accademico 2006, in una sede prestigiosa nella città di Livorno, il Polo Universitario Sistemi Logistici, frequentato da numerosi studenti, gran parte dei quali sono prontamente impiegati alla conclusione del corso di laurea.
In breve, un virtuoso melting pot di cultura e impresa è nella disponibilità del settore, costituendo, al tempo stesso, una riserva di risorse, una testimonianza di impegno sinergico e una preziosa esperienza da riprodurre.

Nicola Scuro
Nicola Scuro
Nicola è avvocato in Roma ed esercita la professione forense nel campo del contenzioso civilistico, societario, concorsuale e fallimentare e nel settore stragiudiziale, come Managing Director della Scuro & Partners Srl. Legale di procedure concorsuali e Commissario Liquidatore di società cooperative, nominato con decreto del M.I.S.E., è docente a contratto in diritto civile, penale e processuale civile per la Ius & Law S.r.l. Autore di articoli e pubblicazioni nelle materie di elezione, è componente della Commissione “Processo civile” istituita presso l’Ordine degli Avvocati di Roma. E’ abilitato al patrocinio in Cassazione e presso le altre magistrature superiori.

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